L'uomo torna con Hamilton in F1 - Notizie | Autosprint

2021-12-14 19:12:38 By : Mr. Steven Wang

Lewis in questo finale iridato sta tirando fuori la sua anima, affascinando non solo i suoi fan ma anche chi non lo ha mai apprezzato troppo...

Comunque vada, una cosa è certa: in F1 siamo magicamente tornati - probabilmente per un po', ma godiamocelo finché dura -, a tutta taglia da uomo. Perché questo è il mondiale con più piloti e meno costruttori nella storia della Formula Uno. Mai come questa volta è l'Uomo a fare da padrone, nonostante i marchi, le multinazionali e l'importanza tendenziale e straripante del veicolo e del pacchetto sul fattore conducente. E su tutto e tutti è lui, Lewis Hamilton, sette volte campione del mondo.

L'uomo con le figure più stellari della storia dell'automobilismo di tutti i tempi, con sette titoli mondiali esattamente come Schumi, ma con 102 GP vinti, altrettante pole position e 180 podi a rendere la faccenda impareggiabile. Cifre che, detto tra noi, ho sempre visto e guarderò per sempre con pacato e sgomento scetticismo, perché gran parte delle coppe e delle bandiere a scacchi vinte da Lewis a vantaggio del reciproco.

Del resto, in piena era turbo-ibrida, fino a quest'anno la superiorità della Mercedes era così schiacciante che per accaparrarsi gare e classifiche, Hammer si è limitato a battere il compagno di squadra, che si chiamava Rosberg o Bottas, piccole mosse ogni volta. gli altri erano distaccati lateralmente o solo episodicamente e mai ininterrottamente e fino all'ultimo pericolosi.

In altre parole, in sei dei sette titoli vinti, Lewis Hamilton, più che un top driver di F1, sembrava essere il campione del mondo di scacchi, che per mantenere il trono iridato deve limitarsi a battere uno e un solo avversario che gli sta davanti, migliore di un certo numero di partite. Tanto che andare a mettere in relazione, suonare la grancassa, cifre, numeri e percentuali di Lewis con quelli di Fangio, Stewart o Clark sarebbe ed è un delitto culturale, logico e strutturale. Lui è lui, gli altri sono gli altri. Punto. Rispetto per tutti.

Ma arriva il 2021 e la stagione si complica, racconta una storia diversa e intrigante, con una Red Bull-Honda troppo cresciuta, una Mercedes che spesso resta sul posto, va un po' nel panico e qui cambia tutto. Perché si arriva all'ultimo quinto di campionato con Max scatenato e la Stella a tre punte in difesa, in clinch, con una variabile inaspettata, fantastica, commovente e commovente per cambiare ancora una volta le carte. Lui. Lewis Hamilton. Diciamolo chiaro, sarò diretto e non buonista: a me Hammer per tutta la vita come personaggio e stile non piace molto e ci lascia perplessi.

Mediamente penso a sornione, svolazzante, poco etero e un po' paraculo, visto che ogni volta non dice quello che pensa ma quello che va detto per dirigere la pressione sul rivale di turno, facendo la miglior figura possibile. Anche agonisticamente, perché, a differenza di altri, ha la lungimiranza di metterti in difficoltà senza fare nulla di sfacciato e molto spesso mettendoti nella condizione di evadere senza mai dare l'impressione di volerlo o provocarlo.

Oltre a Verstappen, chiedi conferma anche a Vettel, giusto per non sbagliare. Anche stilisticamente, ma qui si va ai gusti personali - così mentre scrivo mi sbaglio da solo, relativizzandomi ma non per questo cambio idea -, perché a me il campionario tutto leccato e figo, con una personal shopper, molto tatuata, modale, fashion victim, molto dentro, mai fuori, molto rock, orientata alle feste, molto sofisticata, molto chic, rappata, con i capelli oltre che rasati e trapiantati, mi fa cadere un po' le palle e non solo gli occhi. Perché per me e forse non solo per me il pilota di punta deve essere un duro e un uomo puro che tutto questo trambusto è meglio se non lo fa. Riga. E poco trambusto. Fino ai bassettoni di Fittipaldi I stand, le quaranta Gauloises di Depailler mi esaltano, il calvo con un pizzico di Hulme carry mi rende estatico ma l'essenza delicata, efebica, fruttata e l'edizione limitata di Hammer non è la stessa della mia poesia idealizzata di diavolo del volante che, imprecando, rischiando e tenendo premuto il piede, sfida la vita e la morte come due facce della stessa impostura. Buono. Ma non finisce qui, perché poi c'è il supplemento della realtà.

L'escrescenza di questo ultimo caldo mese del mondiale, che regala un Lewis diverso, a viso aperto, disperato, irrispettoso, meravigliosamente e supino all'attacco, contro tutto e tutti. Ormai privo di buon senso e di braccio dialettico, completamente proteso a tenere il piede basso, a cercare la compagnia con il cuore in gola e a cercare di battere senza alzare la guardia, consapevole che ormai tattica, furbizia e scarabocchi non sono più necessario. Dai, la mia, allora, diventa una strana inno al campione mai amato che all'improvviso suscita immenso, infinito rispetto, donandomi - e sinceramente penso non solo a me ma a tutti voi, per questo confido in voi stessi, altrimenti voi Terrei le cose solo per me, anche emozioni e sensazioni inaspettate che non ho mai provato.

Cinquantacinquanta, diceva Niki Lauda a metà degli anni '70, scandalizzando il mondo della F1 e lasciando intendere che ormai l'importanza dell'uomo fosse solo la metà, rispetto a quella del veicolo a lui affidato.

Da quel momento in poi, il trend logico-culturale del valore tecnologico crebbe di decennio in decennio fino a quando Allison di Mercedes (ed ex Ferrari) arrivò a sostenere che ormai l'incidenza del veicolo può essere calcolata fino ad oltre l'80%, non incontrando alcuna dialettica avversario anche tra i piloti più talentuosi e decisi, che tacitamente hanno acconsentito, come insegnano negli esami di diritto amministrativo.

Ebbene, la notizia vera e certa di questo fine 2021 è un'altra. Solo una cosa è certa ma bella, poetica, emozionante, mentre scrivo queste righe: comunque finisca questo campionato, Lewis Hamilton ha spiegato e sta spiegando al mondo che l'uomo conta ancora tanto, tantissimo, infinitamente. Praticamente assecondando le sorti della sola Mercedes e andando a riaprire una lotta per il mondiale che sembrava ormai archiviata a favore del selvaggio, freddissimo e apparentemente irraggiungibile Verstappen al volante di una Red Bull mai così ben guidata dalla Honda alimentatore.

Sì, da qui in poi può succedere di tutto, ma so che la cosa più bella di questo mondiale resta e resterà la doppia rincorsa di Interlagos, vorticosa, trafelata, pazza, bambina, dionisiaca di Lewis Hamilton al destino, dall'ultima posizione del Gran Premio il sabato alla prima del Gran Premio della domenica. Verissimo, aveva il motore, ma senza anema e cuore non si fanno quelle cose.

Perché, tra l'altro, nessun motore è stato ancora progettato al mondo in grado di mandarti a prendere e sorpassare Verstappen senza andare in angina pectoris o togliere gli occhi dalle orbite. Perché Max, che è sempre stato spietato, ora è molto più di un cecchino, un tiratore scelto e un predatore letale capace di farti più male quando è in difesa che quando ti attacca.

E poi la rincorsa di Losail resterà un'antologia, con Hamilton questa volta equipaggiato con una moto vecchia e quasi usurata, che subito prende e saluta l'azienda, sventolando la bandiera a scacchi a fine gara. Bang-bang, Brasile-Qatar e tutti zitti.

Con differenze siderali rispetto al compagno di squadra Bottas e nessuna chance concessa a Max, finito nei guai per un doppio giallo concitato e ignorato, con tanto di sacrosanto rigore in griglia. Insomma, l'Hamilton di questa fine stagione non ha nulla del solito Hamilton, un Lewis come questo non si era mai visto: sembra l'essenza ultima, la bella metamorfosi capace di rendere ancora più unica, preziosa e indimenticabile questa sfida iridata. Dandogli una magia speciale, tanto che adesso, diciamolo perché è giunto il momento, un eventuale trionfo iridato di Hammer in queste condizioni diventa molto sopportabile se non molto piacevole anche per coloro e per i quali Lewis non lo ha supportato per una vita intera.

Un mese e mezzo fa scrivevo che questa è una sfida mondiale per Hamilton che ricorda quella epica e sublimatrice del suo idolo Muhammad Ali a Kinshasa contro il più giovane, freddo e devastante George Foreman. Ebbene, non solo lo penso ancora di più, ma aggiungo anche che, incredibilmente, gli sviluppi del combattimento mi fanno pensare che ci stiamo in qualche modo avvicinando a quel fatidico ottavo round in cui Ali, dopo aver lasciato sfogare il rivale con terribili bordate per tutto il partita, finalmente si alza come un cobra e lo punge una, due, tre volte senza appello, mandandolo irrevocabilmente a terra mentre il mondo - si legge un miliardo di telespettatori nei telegiornali - alza gli occhi al cielo, è stupito e comincia a piangere emozione .

Ecco, francamente non siamo ancora a questo punto ma in una zona magica che evoca sentimenti simili, che li attende, lasciandoli prevedere. Con l'alternativa che se Verstappen stesse davvero reggendo il colpo e vincendo il jackpot vincendo il titolo, una sconfitta hamiltoniana non sarebbe mai più onorevole, magnetica e capace di attirare consensi, solidarietà, affetto, stima e anche l'amore di chi non ha mai amato esso.

Per questo motivo, come dichiarato non hamiltoniano, qui e ora, vorrei dire, indipendentemente dall'esito finale di questo processo, sì, vorrei dire, sinceramente, grazie, Lewis. Andando oltre tutto, e anche oltre te stesso e il modello – o il modello – che ti sei imposto di essere fino a poco tempo fa, stai dimostrando di avere una spina dorsale meravigliosa, capacità mentali, competitive e di guida da star. , anche indipendentemente dal proprio mezzo e dall'importanza della squadra, andando a ristabilire e riequilibrare almeno una volta, almeno questa volta, il rapporto tra pilota e macchina che era già stato compromesso a discapito del fattore umano per quasi la metà fa un secolo.

Ed è questa la scoperta, la novità più bella di quest'anno di F1 così particolare e inaspettato. Volevano abituarsi a fare bilanci come ragionieri del catasto, a sparare cazzate con il pallottoliere, a gioire di sciocchi numeri di pali, vittorie e iris, quando invece i conti sono in realtà fatti con l'Umanesimo e con l'Uomo, con il fattore cuore, con la capacità che raramente e preziosamente si mostra. Spiegando che non esiste un pezzo di carbonio o unità endotermica o green oriented utile a sostituire la sinfonia di genio che emana da un campione reale. Da un pilota che probabilmente sta sorprendendo anche se stesso in questo momento, trovando nelle caverne della sua anima scrigni nuovi e mai registrati da aprire, gemme ancora da investire e tesori inaspettati da esporre al mondo per finanziare la sua guerra verso l'ottava iride. Sarà il primo e unico campionato del mondo che si concluderà con tre gare in notturna, una sfida noir, a duello in cui luci e ombre si alterneranno per creare giochi strani, insoliti e abbaglianti fino all'ultimo, ma Lewis Hamilton gli ha già regalato qualcosa contanti, solo per i nostri occhi.

Grazie a lui e con lui l'Uomo è tornato al centro dell'universo del motorsport e in particolare della F1. Che sia o sarà un Lewis alla fine vincente o perdente, poco importa: la sua poesia è già stata recitata e non sarà mai dimenticata da nessuno di quelli che hanno abbastanza anima per metabolizzarla. Nell'era delle grandi potenze, dei piloti anche ideologicamente eterodiretti e semifantocci e dei campioni sottoposti alla volontà e alla potenza delle grandi case costruttrici e persino alle loro prestazioni in pista, cavalli e deportanza straripante, Lewis Hamilton spiega e ribadisce che Man deve e può. Che le qualità personali pure, purissime, si muovano ancora, a prescindere. Forse fino a vincere un mondiale e comunque, almeno, a riaprirlo a due gare dalla fine. E, ancora una volta, sua è anche la lezione dell'immenso Muhammad Ali quando, nella parte matura della sua carriera, amava dire: "Resto sul ring per lanciare il messaggio più bello tra quelli che posso inviare: continuo combattere per insegnare all'uomo a non arrendersi mai”.

Questo, qui e ora, è Lewis Hamilton. Pilota non più di troppo carattere, ormai raffinato, spogliato di forme, mode e orpelli, che canta una dolce melodia che non ha più nemmeno bisogno di vincere, perché già eroica. Non esistono motori o ciclomotori capaci di fare meglio di quello che hai dimostrato di saper fare, Lewis Hamilton. Hai già vinto la tua battaglia, riportando un meraviglioso essudato di umanità in questo famigerato mondo tecnoelettronico e tecnocratico della F1. Vedremo chi prevarrà tra te e Max, sì, il resto e quello che ci aspetta sono solo belle cose e belle statistiche; il senso di tutto è che purtroppo uno dei due dovrà perdere e chi dovrà arrendersi, sarà ingiusto e farà male contemplare il suo sguardo deluso, perché mai prima d'ora questo confronto infinito avrebbe meritato pari merito, l'ex aequo tranquillizzante e paradossalmente gratificante in senso plenario. Nel frattempo, però, filosoficamente e agonisticamente, nella secolare sfida tra uomo e macchina, per la prima volta in cinquant'anni, il confronto tra il mezzo tiranno e l'homo faber, cioè l'Uomo orgogliosamente artefice del proprio destino , hai già vinto. chiaramente tu, Lewis Hamilton.

Leggi autosprint su tutti i tuoi dispositivi

Conti Editore Srl - Copyright © 2021 Partita IVA: 00500101209 Tutti i diritti riservati